Tragitto cittadino in bici, nell’orario in cui i bambini delle elementari vengono accompagnati a scuola. Mentre pedalo, nell’aria fredda delle mattine di marzo, mi guardo intorno. Alla fermata dell’autobus ci sono un papà e una bimba, entrambi di colore. Lei, imbacuccata in un giubbotto rosa e sciarpa rosa, con uno zaino rosa sulle spalle, sorride e non stacca gli occhi dal papà. Lui sorride e non le stacca gli occhi di dosso mentre improvvisa passi di ballo: sì, sta ballando per sua figlia alla fermata dell’autobus, senza alcuna musica di sottofondo. Non c’è alternativa, sorrido anche io.
Vado oltre, arrivo nella via di una scuola del centro e il traffico mi costringe a fermarmi. Sento quattro mamme parlare tra di loro, ma appena una di queste si allontana, la stessa diventa argomento di conversazione, in termini non esattamente positivi. Penso a quante volte, in passato, posso aver avuto lo stesso comportamento e mi infastidisco da sola di me stessa.
Nel frattempo, un papà fa scendere il figlio dalla macchina, lo saluta con un bacio dicendo “vengo a prenderti in piscina, ciao pesciolino”. Sorrido di nuovo.
Avanzo di 30 metri e sento “mamma, non puoi fermarti qui, è un posto per i disabili”. Risposta: “no, non è vero. E poi è solo per un attimo”. Rimango dubbiosa.
Ora, tralasciando discorsi di sesso, razza, stile di vita, tempo, impegni, stress e tutto quello che volete, vi chiedo: quale genitore vorreste essere? E, forse ancora più importante, quale genitore vorreste se foste voi il bambino? Credo che queste due domande, quando si parla di educazione e di modelli, siano fondamentali per metterci in discussione e per capire se ciò che facciamo è coerente con i valori che vogliamo trasmettere.
Melania Curci